Sulle orme di San Francesco

Stroncone

Stroncone

A proposito del magnifico borgo medievale di Stroncone, scrive Eulero Liorni: Stroncone... ove sembra che il tempo si sia fermato e un'istintiva armonia pare aver disegnato strade e piazze, il profilo delle scalinate, la linea semolice delle case; ove ripidi vicoli si incrociano nel cuore dell'abitato, dove, ad ogni angolo, ecco apparire improvvisi tesori d'arte: i severi portali dai battenti in ferro, il disegno armonioso di una finestra, le consunte serrature che ancora sembrano celare chissà quale segreto; dove protagonista è la pietra, una pietra dura, tenace, che resiste al fluire del tempo, una pietra divenuta arte modellando nel tempo archi e portali, volte e chiostri silenziosi. Tutto un mondo, gelosamente protetto dalle solide mura castellane, si mostra agli occhi del visitatore attento nei suoi molteplici aspetti: storia, arte, cultura, tradizioni, spiritualit� francescana. Dalla sua gloria, dal suo passato, dall'esempio di cittadini illustri Stroncone trae quella linfa vitale che gli consente di affrontare con fiducia il terzo millennio. Venite a Stroncone, la sua gente Vi accoglierà con affetto.

Nel 1213, Francesco d'Assisi, inviato a Narni dal vescovo Ugolino, lasciata Terni, dopo una visita a Collescipoli, proseguì per Stroncone. Riferiscono le cronache: Non lungi dal Municipio di Stroncone ancor prima del 1213 si venerava una piccola Icona, probabilmente edificata dalle consuete sollecitudini dei Benedettini, con la miracolosissima effige di Maria Santissima dipinta sul muro; allorchè S. Francesco nell'anno VI della sua Religione da Terni per la via di Collescipoli si trasferì in Stroncone, cammin facendo alla volta di Sant'Urbano, ossia dello Spiego (...). 

Postosi Egli ad orare davanti a quella Sacra Immagine, alzò quivi il suo Pulpito, predicando replicatamente la penitenza al Popolo Stronconese corsovi in gran folla. La compunzione di cuori giunse al grado della massima tenerezza, operando la grazia del Signore in persone ben disposte alla probità Cristiana dalla vegliante disciplina de' Monaci Cassianesi. Obbligati pertanto li Stronconesi da sentimenti di gratitudine al Santo, gli esibirono il Luogo stesso per una fissa permanenza de' Novelli suoi Frati, ripromettendogli di fabricare un Convento con una Chiesa, intitolata alla Gran Vergine, e Madre. Accettatosi dal Santo Patriarca il proggetto, tutto fu con prestezza eseguito a norma dell'originario modello da Lui stesso disegnato (T. Costanzi, Notizie storiche di Stroncone, ms. 1809).

Il Costanzi avrà certamente attinto dalla secentesca opera: "Umbria Serafica" di Agostino da Stroncone: E' tradizione antica che da Coldiscepoli il S. Padre venisse in Stroncone, poichè essendo stato da lui il Convento fondato di questa Terra, come si ha nella terza parte delle Croniche, e dalle lettere di Gregorio Papa undecimo e non costando il tempo, adesso che conforme al Istorie di sua vita da Terni, non a Narni, ma a Coldiscepoli prima d'andare a Spieco, giunse quivi, ove dalla di lui predicazione il popolo mosso a penitenza, gli dà per erger Convento questo luogo, ov'è una Cappelletta, coll'effige della Beatissima Vergine: li paesani con prestezza lo fabbricano secondo il povero modello datoli dal Santo, e piglia il nome di Convento di Santa Maria, quale poi sarà nell'Anno 1550 mutato in Convento di San Francesco(Agostino da Stroncone, Umbria Serafica, ms. 1680).

In origine, Francesco e i suoi "compagni" vivevano in assoluta precarietà e provvisorietà di abitazioni, o addirittura di qualsiasi punto di riferimento che non fosse, probabilmente, una cappellina ove si riunivano a pregare, o dove sostavano, di passaggio, nella loro vita essenzialmente itinerante.
Tramanda il Celano: (Francesco ed i suoi compagni) erano perciò sempre sereni, liberi da ogni ansietà e pensiero, senza affanni per il futuro; non si angustiavano neppure di assicurarsi un ospizio per la notte, anche se pativano grandi disagi nel viaggio. Sovente, durante il freddo più intenso, non trovando ospitalità, si rannicchiavano in un forno, oppure pernottavano in qualche spelonca(I Cel., 39).

Successivamente, in connessione con lo sviluppo numerico e geografico della "fraternitas", nacque l'esigenza di assegnarsi precisi punti di riferimento; sorsero così i primi "loci" francescani: poverissime capanne di legna, non di pietre, sistemate quasi sempre nei pressi di chiesine disancorate dagli uomini e dalla realtà sociale del tempo.

Lo stesso Francesco nel suo "Testamento" raccomanda: Si guardino i frati di non accettare assolutamente chiese, abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non siano come si addice alla santa povertà che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini. Il primitivo "locus" di Stroncone si attenne fedelmente all'anzidetto schema costruttivo: in fronte alla graziosa edicola dedicata alla Vergine, fu edificata una capanna capace di cinque o sei persone. Il pavimento era di nuda roccia; il mobilio consisteva in una panca di pietra, un tavolaccio di legno, un'umilissima dispensa ed una rozza croce poggiante alla parete. Pochi massi disposti al centro dell'ambiente, costituivano il focolare.
Questo ricovero serviva da cucina, da refettorio, da luogo di preghiera comunitaria e di capitolo.
Le cellette dei frati furono edificate ai lati del minuto oratorio mariano: piccole casette ricoperte di paglia, le pareti delle quali erano di vimini e loto (P. Sabatier, Speculum Perfectionis, Parigi 1898). Tutt'intorno all'umilissimo luogo, una siepe fungeva da muro di cinta.

Nei giorni di permanenza nell'avito castello di Stroncone, frate Francesco si adoperò in commoventi prediche. Le sue parole evangelizzatrici, fiammeggianti di radiosa pace, scossero le coscienze di quanti dormivano nell'apatia dello spirito; la sua forza persuasiva, il suo fervore, l'esempio della sua vita di abnegazione permeò i cuori di quanti, avvicinatisi, ebbero il gaudio di ascoltarlo; e nelle anime conquise, il Poverello serafico accese sante vocazioni; narra il Costanzi: Appena comparso in Stroncone il Serafico Padre, un giovane canonico di nome Ottone corse frettolosamente ad aggregarsi fra i suoi primi discepoli. Frate Ottone de' Petricchi, uno dei primi ad abitare l'umile Romitorio posto sul colle del Perillo, sarà martirizzato in Marocco nel 1220, insieme a quattro "fratres" provenienti tutti dal ternano: frate Berardo dei Leopardi da Calvi, frate Pietro dei Bonanti da Sangemini, frate Vacuzio e frate Adiuto della diocesi di Narni.

Il mite Francesco era stanco, spossato; aveva tenuto accorate prediche a Terni, forse a Collescipoli, a Stroncone, e prima di proseguire per Narni, sentiva forte il desiderio di ritirarsi in qualche loco solitario, amico ale lacrime, lontano dal frastuono degli uomini e dalle caduche vanità del secolo, al fine di dare sfogo liberamente alle intime sue tenerezze. L'Assisiate, a compimento delle proprie missioni, cercava sempre luoghi nascosti, ove potesse congiungersi al suo Dio non solo con lo spirito, ma quasi anche con tutte le membra (II Cel., 94).

I monaci benedettini della veneranda Abbazia di S. Benedetto in Fundis, incassata nella gola del monte Rotondo, tra Miranda e Stroncone, su probabile richiesta dello stesso Santo, indicarono al giulivo Poverello un loro eremitaggio limitrofo ai Castelli di Vasciano, di Itieli, di S. Urbano; era la cappellina di S. Silvestro, umilissimo oratorio posto sul fianco settentrionale del monte S. Pancrazio, magnificamente inserito nel folto bosco di lecci, castagni e querce secolari.

Frate Francesco lasciò Stroncone per raggiungere l'amena cappellina di S. Silvestro; ma tornerà ancora tra le gentili mura di quel Castello, che, nel rincorrersi dei secoli, darà all'Ordine serafico delle figure a dir poco splendide!