Calvi dell'umbria
Posto su un ridente colle, Calvi è il comune più meridionale dell'Umbria, definito: "La Porta Felice dell' Umbria". Appartenne all'Abbazia di Farfa, nella Sabina, poi agli Orsini e agli Anguillara; successivamente fu un libero Comune dello Stato della Chiesa, ad eccezione dei brevi periodi del Vicariato di Lorenzo De Ceri e della dominazione francese. Ancora intatto è il centro della cittadina, costituito dal Castello e dalle case del borgo, intervallati da vicoli medioevali che salgono e scendono tra gli archi, le volte ed i resti delle mura e delle torri. Lungo i muri delle vecchie vie si osservano dipinti murali raffiguranti la Natività, opera di pittori italiani. Notevoli, pur nella loro semplicità, le chiese di S. Antonio, di S. Francesco e di S. Maria Assunta, di S. Brigida, della SS. Trinità. Alla periferia del gentile borgo si trovano i resti due mulini a vento risalenti al Medioevo.
Calvi dell'Umbria è strettamente legato alla figura del Poverello assisiate. Nel gennaio del 1213, Francesco d'Assisi, ricevuto l'invito del vescovo di Narni, Ugolino, partì alla volta della Valle ternana (vd. Terni e dintorni). Passato per Foligno, Trevi, Campello e Spoleto, raggiunse Terni. Narra lo Iacobilli: nell'Anno 1213 il Padre San Francesco capitò in Terni, e fu albergato dal Rettore della Chiesa di S. Cristoforo di detta città (L. Iacobilli, Vite II).
Lasciata Terni, dopo una breve sosta a Collescipoli, frate Francesco mosse alla volta del Castello di Stroncone, ove si trattenne per diversi giorni. Dopo la permanenza nell'avito "castrum" di Stroncone, l'Assisiate, prima di proseguire per Narni, sentì forte il desiderio di ritirarsi in qualche luogo solitario. Così, su probabile invito dei benedettini di S. Benedetto in Fundis della stessa Stroncone, Francesco, "conducendo seco" frate Ottone dei Petricchi da Stroncone (futuro protomartire francescano), raggiunse la "grancia" di S. Silvestro, umilissima chiesetta inserita, come un solitario nido di aquile, sull'aspra falda del monte S. Pancrazio (Speco di Narni). E in questo luogo, stando alle fonti, fece alcun tempo dimora, ospitando in un orrida grotta (...); poi vi tornò a più riprese e vi lasciò alcuni suoi frati, i quali fabbricarono alcune cellette e capanne per loro abitazioni. (B. Bazzocchini, Cronaca). Raccolto in mistica solitudine, Francesco permase diverse settimane nel recondito romitaggio - che diverrà uno dei fari più lucenti della compagine minoritica umbra -, adoperandosi in estatiche penitenze e orazioni, confortato dalla benevolenza dei suoi frati, e dall'entusiasmo di quanti, in quei giorni, si inerpicavano verso il monte "La Bandita", per accrescere la già cospicua schiera francescana. Non conosciamo i nomi dei nuovi adepti; non possiamo certamente escludere che, proprio in quei giorni, Adiuto, Accursio e Vitale, giovani della diocesi narnese, abbiano raggiunto Francesco e deciso di unirsi al suo seguito. Frate Adiuto e frate Accursio diverranno S. Adiuto e S. Accursio, protomartiri francescani. Certo è che l'Assisiate, durante la permanenza allo Speco, visitò il Castello di Calvi.
Anche a Calvi, nessuno riuscì a dimenticare quella autentica "lectionem vitae" di frate Francesco, tanto che, a compimento delle sue parole, stando alle cronache, un giovine nobile di detta terra, per nome Berardo, mosso dalla parola di lui, gli si prostrò ai piedi e lo pregò a riceverlo per suo discepolo. Il benigno Padre, dopo aver sperimentato lo spirito del giovine, gli diede l'abito della Religione e lo ascrisse fra i suoi seguaci. Ma il Poverello Serafico in questa contrada non aveva ancora una povera casuccia, dove fermare la sua dimora. Il santo giovine allora offrì al Maestro una sua abitazione che aveva fuori della terra. (N. Cavanna, Umbria francescana).
E in quella casa (Francesco) fece erigere un Oratorio, e un piccolo Convento per li suoi frati; alcuni dei quali vi mandò ad habitare. (L. Iacobilli, Vite I). Frate Berardo dei Leopardi da Calvi, sarà S. Berardo, protomartire francescano (vd. Terni e dintorni: Protomartiri francescani). Continua lo Iacobilli: "Si partì poi S. Francesco nell'istesso anno 1213 conducendo in sua compagnia Berardo per maggiormente ammaestrarlo, e andò (tornò) a S. Urbano (...)" (L. Iacobilli, Vite I). Trattando della Calvi francescana, utile riportare quanto narrato da S. Bonaventura da Bagnoregio nella Leggenda Maggiore: La moglie d'un nobil uomo di Calvi, che si chiamava Giuliana, avendo perduto i figli, trascinava i suoi anni nel lutto. Piangeva continuamente i suoi infelici eventi, giacchè, tutti i figli che con dolore aveva portati in seno, con dolore ancora maggiore aveva dovuto in breve tempo affidarli alla tomba. Ora, da quattro mesi aveva il bambino in seno, e, a causa di quanto le era successo nel passato, era in trepidazione, temendo più per la morte che per la nascita della prole. Ma ecco: una notte, mentre dormiva, le apparve in sogno una donna che, portando tra le mani un bel fanciullino, glielo porgeva con atteggiamento di grande letizia. Lei, però, non voleva prenderlo, per paura di perderlo subito; allora quella donna soggiunse: "Prendilo con sicurezza, perchè questo bambino, che san Francesco ti manda per venir incontro alla tua angoscia, vivrà e godrà buona salute". Destatasi immediatamente, la donna, ripensando alla visione mandata dal cielo, comprese di essere assistita dall'aiuto di san Francesco e, da allora, tutta confortata, moltiplicò le preghiere e i voti, perchè si avverasse la promessa. Si compì finalmente il tempo del parto ed ella partorì un maschietto, che poi crebbe, pieno di forza e di giovanile vigore, quasi che san Francesco gli donasse un supplemento di salute, e fu per i genitori motivo di devozione ancor più sentita verso Cristo e verso il Santo" (Leg. Maior, Miracoli, VI, 3).