vita seconda di francesco
Redatta da Tommaso da Celano
tra il 1246/1247, la Vita
seconda di S. Francesco intese corrispondere all'ingiunzione,
fatta dal Capitolo generale di Genova
del 1244 e dal ministro
generale Crescenzio da Iesi, «di scrivere
i fatti e persino le parole» di Francesco, e non
già di limitarsi ai «signa et prodigia»,
che si dicevano operati dal Santo (vd., sotto, la Lettera
di Greccio).
La sistemazione di tali fatti e parole, inviati da quei frati
che ne erano venuti comunque a conoscenza, portò, in
ogni caso, il biografo (che pure non trascurò d'introdurre
i «qua e là, alcuni miracoli secondo l'opportunità»)
su due precise direzioni: anzitutto su «alcuni episodi
meravigliosi relativi alla conversione di Francesco, che non
(erano) stati inseriti nelle Vite già composte»;
poi (e risultò la parte maggiore) ad «esporre
e mettere in luce, con attenzione e precisione, ciò
che il santissimo padre Francesco ha voluto per sé
ed i suoi» (vd. Prologo).
La nuova biografia è protesa a integrare, non a sostituire,
la Vita prima.
La scarsa utilizzazione dei «signa et prodigia»
indurrà tuttavia Tommaso
a rimettersi, poco dopo (1252/1253),
al lavoro per la stesura del Trattato dei Miracoli,
che può essere considerato, a sua volta, un complemento
della Vita seconda.
Colpita anch'essa dall'ordine di distruzione del 1266,
la Vita seconda fu ritrovata sulla fine del
sec. XVIII, e edita, per la prima volta, nel 1806,
da S. Rinaldi, il quale si servì di un manoscritto
molto difettoso.
Gli stessi editori di Quaracchi,
per la loro edizione critica (in AF, X, pp. 127-268),
non usufruirono che di due esemplari integri e di alcuni «estratti»:
segno evidente che l'obliterazione della Vita seconda
fu più profonda di quella della Vita prima,
in considerazione, forse, della sua più decisa volontà
di voler mostrare «con attenzione e precisione,
ciò che il santissimo padre Francesco ha voluto per
sé ed i suoi».
Può bastare questa constatazione per rivelarne l'importanza
storica.
Il nostro volgarizzamento è fatto sulla precitata edizione
critica.
***
Lettera di Greccio, 11 agosto 1246
L’importanza di questa lettera
- scritta da Greccio (11 agosto 1246) da tre compagni
di Francesco: Leone, Rufino e Angelo
- non è tale da fare passare in secondo ordine l'infinità
di discussioni che ha sollevato. Soprattutto perché
non risulta chiaramente, oggi, l'individuazione dei materiali
biografici che i firmatari hanno inteso inviare «in
allegato».
La lettera ci è stata tramandata,
concordemente, in apertura della cosiddetta "Leggenda
dei tre compagni", a partire dalla fine
del sec. XIII o inizio del XIV.
Essa palesa, tuttavia, un'evidente estraneità con una "Leggenda" che segue
un andamento strettamente cronologico, aderendo alla trama
della "Vita prima" di Tommaso da Celano, sia pure con
diversità di toni e di dettati.
Le intenzioni dichiarate dei "compagni di
Greccio" erano di non scrivere una "Vita
di Francesco", bensì di portare
un contributo nuovo, inedito, raccogliendo «come
da un prato rigoglioso, un mazzo di fiori, quelli che ci sono
parsi i più belli, senza però disporli in ordine
cronologico».
Il materiale inviato sembra, pertanto, doversi riconoscere,
sostanzialmente, nella seconda parte della "Vita
seconda" di Tommaso da Celano
(1246/1247), a cui la raccolta - intimata dal Capitolo generale
di Genova del 1244 e da Crescenzio da Iesi - era destinata.
Tale parte presenta, infatti, senza seguire alcun ordine cronologico,
tutta una serie di fatti, gesti, volontà di Francesco
che ben sembrano corrispondere alle intenzioni dei "compagni
di Greccio", anche se questo non significa
che essa abbia incorporato tutta, o esclusivamente, la documentazione
venuta da Greccio.
Queste ragioni hanno indotto a situare detta lettera in autonomia
dalla cosiddetta "Leggenda dei tre compagni",
e prima della "Vita seconda"
di Tommaso da Celano.
«Al reverendo padre in Cristo, frate Crescenzio, per grazia di Dio ministro generale, frate Leone, frate Rufino e frate Angelo, che in passato furono compagni, senza esserne meritevoli, del beato padre Francesco, esprimono la loro doverosa e devota riverenza nel Signore.
Poiché per disposizione del Capitolo generale testé celebrato e vostra, i frati sono tenuti a comunicare alla paternità vostra i miracoli e i prodigi del beatissimo padre Francesco che essi conoscono o che possono reperire, noi, che siamo vissuti più a lungo insieme con lui, malgrado non ne fossimo degni, abbiamo ritenuto opportuno di presentare alla santità vostra, guida la verità, alcune tra le molte gesta di lui, delle quali siamo stati spettatori o di cui abbiamo attinto notizie da altri santi frati. E specialmente da frate Filippo, visitatore delle Povere Dame, frate Illuminato dell'Arce, frate Masseo da Marignano e frate Giovanni, compagno del venerabile frate Egidio, che raccolse numerose informazioni sia da frate Egidio stesso che da frate Bernardo, di santa memoria, primo compagno del beato Francesco.
Non ci accontentiamo però di narrare solo dei miracoli, i quali palesano ma non fanno la santità; nostro intento è anche di mostrare alcuni aspetti salienti della sua santa vita e la intenzione della divina volontà, allo scopo di lodare e glorificare il sommo Dio e il santo padre Francesco, e di edificare quanti vogliono seguire i suoi esempi.
Non ci proponiamo tuttavia di scrivere una vita, dal momento che della sua vita e dei miracoli che Dio ha compiuto per mezzo di lui sono già state redatte delle «leggende»; bensì abbiamo colto, come da un prato rigoglioso, un mazzo di fiori, quelli che ci sono parsi i più belli, senza però disporli in ordine cronologico. E di proposito abbiamo tralasciato molti fatti, già raccontati in modo veridico ed elegante nelle leggende su ricordate: in esse voi potrete far inserire, se lo riterrete opportuno, questi nostri ricordi. Siamo invero persuasi che, se a quei valenti biografi fossero stati noti i presenti ricordi, non li avrebbero passati sotto silenzio; anzi, li avrebbero, almeno in parte, abbelliti con il loro stile, tramandandoli così alla memoria dei posteri.
Possa la santa paternità vostra stare sempre bene nel Signore Gesù Cristo; nel quale noi, figli devoti, ci raccomandiamo alla santità vostra con umiltà e devozione.
Dal luogo di Greccio, 11 agosto dell'anno del Signore 1246».